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Domani è un\'altro giorno
prosa [ ]

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di [emyristovic ]

2011-04-28  |     | 



Sono seduta sul letto, vicino alla finestra aperta ad angolo. Da fuori sento i rumori del traffico, è proprio l’ora di punta. Tutti corrono a casa, dopo una faticosa giornata di lavoro, a riunirsi con i loro cari. Sono proprio fortunati, loro. Si riuniranno intorno alla tavola, tra una risata e l’altra, a cenare insieme. A ridere e scherzare, a raccontare i fatti del giorno che sta per finire. Di solito, a quest’ora qua, andavo in cucina a preparare l’aperitivo per la mamma, che rientrava alle sei e mezza di sera, e per me. Mi sedevo sulla mia sedia preferita e aspettavo che il suono del citofono mi annunciasse il suo arrivo. Non vedevo l’ora di sentire il rumore dell’ascensore che si ferma al nostro piano. Correvo ad aprire la porta tenendo in mano le sue ciabatte. L’abbracciavo, le prendevo la giacca e la borsa mentre lei andava in camera a cambiarsi. Poi, con il solito tintinello dei bicchieri iniziava la nostra chiacchierata serale. Mi parlava del suo lavoro, dei pasticci che combinavano i suoi colleghi. Era allergica ai loro pettegolezzi e non vedeva l’ora di rifugiarsi tra le mura di casa nostra. Ci rimboccavamo le maniche. Io preparavo la tavola, lei la cena, sbirciando ogni tanto sullo schermo della tv che emetteva “Chi vuol essere milionario”, il gioco che a noi piace molto. Ormai, sono settimane che ho dovuto, per forza, rinunciare a quel rituale ormai sacrosanto. È proprio in quei momenti che mi sento sola. Persino invidiosa della gente del condominio che ha quello che a me manca molto, essere insieme alle persone che amo. Papà è in viaggio, il suo lavoro lo porta sempre lontano. È partito per la Germania oggi. Mamma, preferirei che anche lei fosse in viaggio, forse uno lo faremo insieme quando finirà questo incubo. Lei purtroppo è in ospedale, un’ora e mezzo da qui, a Verona. Io, sono qui. Sola, fisicamente parlando. Con i pensieri e nel cuore sto sempre insieme a loro. Uniti anche quando siamo lontani. E questo è la famiglia. Sempre ed ovunque.
A volte non è facile andare avanti. Ci sono i giorni in cui mi vien da piangere, pensando a lei tra quelle quattro mura dell’ospedale, isolata da tutto e da tutti. Non sa se fuori c’è il sole o piove. È dura essere chiusi, ne so qualcosa. Da bambina ho passato molto tempo in ospedale, immobile e legata a letto. Poi, mamma, è stata sempre troppo attiva. Non si è fermata neanche dopo che ha avuto ictus, figuriamoci adesso. Ci parliamo ogni giorno, al telefono. Ci raccontiamo come sempre. Lei mi parla delle sue giornate là, del dolore che spesso le fa passare le notti in bianco, delle sue preoccupazioni. Io cerco di rassicurarla, di convincerla che vada tutto bene. Ed è così. Le parlo delle sue piante cresciute di cui mi occupo con tanto amore, sia quelle nel soggiorno che sul balcone. Quelle sono nuove, fioriranno tra qualche settimana, le vedrà al suo ritorno. Le do il coraggio per superare tutto. Tanto, presto tornerà a casa, dopo l’intervento. Ormai manca poco alla Pasqua, che questo anno la festeggiamo lo stesso giorno dei nostri amici cattolici e io conto di passarla insieme a lei.
Ci tocca aspettare, avere la pazienza. Quella non è mai stata il forte della nostra famiglia; a tutti noi manca, a chi poco a chi tanto. Tutto però passa. Come diceva la Rossella O’Hara, domani è un altro giorno. Si vedrà. Io non smetto di pregare per la donna che mi ha dato la vita, per tutti noi. Prima o poi, qualcuno ascolterà le mie preghiere. E non vedo l’ora di riabbracciarla. Domani, manco dovessi aspettare a lungo quel giorno, tutto sarà solo un brutto ricordo.
È uno di quei giorni che mi prende la malinconia, proprio come nella canzone della grande Ornella Vanoni. Ma sono serena, nonostante la solitudine. Presto ti riabbraccerò, mamma. E non sarò più sola. Saremo insieme, tutti e tre. Come sempre.

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