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Poezii Rom�nesti - Romanian Poetry

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Introduzione al cielo
poesia [ ]
(in memoria del vampiro)

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
di [inoltre ]

2010-01-18  |     | 



Come un’ala di cielo percorsa
dal rombo dell’aereonobile
squassata dal baluginare dell’acciaio,
trafitta dal microcosmo che vela.
Inutile,
la mia mente è altrove.
percepisco altre stanze,
e si narra,
come il pensiero
ch’infastidisce la mia notte.
Il bimbo frastornato
rapito dalle biglie colorate,
appassite,
dimenticate,
inutilizzata
la biglia
squamata,
riempita di visioni
assediata dai lombrici
trasportata dalle formiche nere,
la biglia colorata,
finita,
la biglia morta.

Un angolo di pace Ti chiedo,
Signore,
un angolo di pace per la biglia colorata.

Senza peraltro sparire la sua voce
mi porta alla stanza profumata
dove tutto era possibile
anche perdere il senso della terra
E le vesti del giorno di festa
o i pensieri che ti ronzano in testa.
senza peraltro attendere il richiamo
l’anatra maschio si getta nell’acqua
e perde il senso del cielo
e l’aquila acquista il senso del vuoto
cadendo giù
fin dove il senso del nulla
attanaglia le viscere dei morti.
Qualcuno mi chiama,
l’ombra sospesa per aria.
Il mio silenzio,
sorpreso,
s’acquieta e piango.
Un angolo di cielo,
un angolo di pace,
il silenzio di un minuto
oltre la terribile eternità
Privata del pianto la mia mano
Inorridisce.


A) Come scintillio

Come scintillio che poderosamente interrompe il perpetrare della fiamma, brucio
Mi inietto sangue raffermo, intristito dall’immondezzaio che mi è bara,
Sudicio scarafaggio che zampetti ai lati del mio legno, lurido, sotto i miei piedi,
Nell’alcova dei miei sogni, spegniti, acquietati, dormi, muori se è possibile cancellare
La striscia della tua vita segnata nell’iperbole del tempo.
Mai nato, le successioni sono passate sul mio cranio, sul teschio delle mie palle atrofizzate.
Scendo come ombra dai muri e penetro, perpetro il gusto massiccio del sesso che imcombe,
che evolve, che geme.
L’Universo intero nelle mie membra, l’intero universo fagogitato dal sangue pesto.
Dinanzi al potere del gesto la parola si acquieta.


b) Resto

Silenzio,
valutatori e valutati,
ingannati.
Eppure ristretto in questo lembo
di terracielo
circondato dall’aria respirata,
inespresso nella polvere del tempo andato,
privo di animosità, scialbo.
Erutto,
resto,
scrosto le nubi che mi separano dal tetto di Babele,
esprimo gli istanti.
E l’espressione vìola il silenzio creatore,
rincorro la parola.
Nell’aria molle della sera,
ripetuta, arata, mietuta,
traspiro ciò che è celato,
mi cingo la fronte con l’aria bagnata
da questa molle sera.
Nell’istante già sparito del ritrovamento dello gnomo,
sotto la foglia larga, la libellula annega.

c) il vanpiro

Qui dentro,
il caldo si racchiude,
germina pensieri.
La mente invasa di luci
Ingigantisce i momenti,
ricordi,
referti medici,
strappa tarasfusioni
e neoglobulina,
sotto la pelle
il lieve ronzio del sangue,reduce d’amnesie.
Riscopro le voci
Filtrate attraverso gli assi dell’universo..

d) Casa

Casa
Una cassa chiusa
Assonanza,
dissonanza,
innocua vertigine prima dell’alba,
dopo il tramonto
il baluginare di rosee emozioni,
la luce mi arrossa gli occhi,
sanguigni si chiudono.
La cassa degli occhi del morto
Vibra
E in silenzio
Levo il cappello alla tua immagine.
Quando rientro
Un battito d’ali invade la stanza,
questo tetro teatro
per gli incubi dei tuoi piccini
azzannati da mostri televisivi
e cani idrofobi.

e) Ciò che sono

Sono l’adempimento dei tuoi peccati
La vertigine,
la faccia non narrata dalla notte,
i miei occhi s’ingialliscono,
itterico,
perdo la sostanza,
isterico
cammino avanti e indietro
e collego le tue sembianze
al ritratto degli avi,
in fila sul muro.
Quando tutto intorno
il silenzio creatore si esibisce
sento vibrare nelle vene il pulsare dell’anfibio.
Pesce,
uccello,
quasi uomo mi sconfiggo.
Mi punisco azzannando la carotide,
mi sveno per venirti in aiuto.
L’occhio che fruga le interiora,
non un angolo di te
si nasconde al mio verso.
Intervisto la tua notte:
macabra, chimerica, illusoria.

f) Quando l’alba acclama il sole

Quando l'alba acclama il sole
Il mio indice esce di scena.
Dioniso gettando lo sguardo allo specchio
Vide il vuoto:
l’immagine non riflessa,
il niente.
Un lampo s’impossessò di lui.
Un attimo per afferrare ciò che resta:
l’intero universo nella figura spaurita,
i contorni distorti,
malcelata meraviglia,
poco dopo
s’illuminò il sole,
Dioniso
Si dissolse
Scavalcando il clamore degli attimi spariti.
Io sono figlio del vento
Che trasporta le mie spoglie,
mi fa volare,indietreggiare con le foglie,
nell’ora in cui l’albero si traveste.

g) Chiuso

Chiuso in silenzio rimango
Lasciando i pensieri filar via
fra le trame della valutazione,
mare abissale.

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