Ritratto in blu,
leccato,
patina antica e opaca.
I lampi sullo sfondo
sono del partito amato
per conquistarsi un nome
una gerarchia
un regno.

I minuti muoiono
tra le stoffe di velluto
accarezaate dalle dita afusolate
della pallida ospite.
Le ore son diventate anni,
lui non ha mai scritto e
nelle crepe di luce sfuggite ai tendoni
schiaffi di gemme
pizzican le ombre.

Ritratto
dell'ossuto volto
privo di espressione che
dondola musicato da un Parkinson prematuro.
Lady
non poggia gli occhi sull'orizzonte
non vola dal suo angelo ma
elenca i ricordi
coi scheletri notturni
nella stanza pietrificata
dal angioma della pazzia.
Coglie immature foglie nel selciato
della serra
maledicendo la vita e
la primavera.




I furiosi tendini degli incubi diurni
ardono le distanze
così nella sua mente
persino il cielo azzurro
è morto.
Lady canta nel suo infero astratto
canta allegra alle pareti nude
agli spettatori che
l'applaudono dentro,
la vita felice che
vivrà se rinasce.