sotto le ali abusa di me
il vento
mi slego
anima logora di suture
ondeggio sul fragore dei silenzi
incautamente nudo
mi specchio nei tuoi occhi lucidi
lacrimano stelle se fottuti
quei occhi che divorano selvaggiamente
la mia carne
e
dileguo
in assenze
cercando la simbiosi col tempo
come se il suo filo
cucito al mio corpo
facesse meno male


sento soltanto
la solitudine delle tue mani
che componevano il puzzle dell’estasi
su questa non forma del mio non essere

Io
senza di te
un navigante saturo di onde

chiglia di tremito
col suo carico di sale a bordo



sparvieri d’ombra ansimanti
logorano le percezioni d’altezze
che il buio mi nasconde
ma evado
chiodi
assi confitte in terra
un altro guarda come eclissa il buono
mentre il credo piange
col suo dolore di spine sul capo

salgo a bordo della notte
e cerco aria
un amore che mi riempia i polmoni
in questa assenza di stelle
nel mio eterno
pozzo di nuvole
dove riemergo ferito ma felice
dal ricordo





ma dura poco la pace
spinto dal passo d’Orfeo


affogo

ancora
il solitario canto
riga la via
in discesa

è notte
traccio dei perimetri
attorno alle mani
non fuggirà il destino


innalzo mura
ai bordi della bocca
che non possa colare lava
dal cuore
con la supplica
ad una puttana in vendita
dietro al lampione
nella fossa della città
incatenata al marcio del proibito
mi coprirò l’occhio
lasciandomi domare
dallo spazio vuoto


e così
mi nasconderò
tra le lancette d’un pendolo
concupito dalla pressione del buio
desueto