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agonia Post Consigliato
■ Geremiade
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- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 2005-07-06 | | Inserito da Valeria Pintea
I
Fra il fumo e la nebbia di un pomeriggio di dicembre Tu lasci che la scena si accomodi da sola - e così sembrerà - Con un «Ti ho riservato questo pomeriggio»; E quattro ceri nella stanza in ombra, Quattro cerchi di luce sul soffitto, Un'atmosfera da tomba di Giulietta Pronta per tutte le cose da dire, o lasciate non dette. Noi siamo stati, diciamola, ad ascoltare l'ultimo polacco Trasmetterci i Preludi coi suoi capelli e le punte delle dita. « Così intimo, questo Chopin, che penso la sua anima Dovrebbe farsi risorgere solo fra amici Non più di due o tre, che non tocchino il fiore Già sgualcito e discusso nelle sale da concerto. » - E così la conversazione scivola Fra velleità e rimpianti con cura contenuti In mezzo a toni lievi di violini Confusi a remote connette E comincia. «Tu non lo sai quanto gli amici vogliono dire per me E quanto raro, quanto raro e strano sia per me trovare In un a vita fatta di tante avversità e di tanti scopi (Perché davvero non mi piace... lo sapevi? non sei cieco! E come sei acuto!) Poter trovare un amico che abbia queste qualità , Che abbia, e dia Le qualità sulle quali l'amicizia vive. Quanto per me significhi che io te lo ripeta - Senza queste amicizie - che cauchemar la vita! » Fra le spirali dei violini E le ariette Di cornette stridule Nel mio cervello ha inizio un tam tam sordo Che assurdamente martella un suo preludio. Capriccioso monotono Che è almeno una decisa « nota falsa ». - Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco, Ad ammirare i monumenti, A discutere gli ultimi avvenimenti, A rimettere l'orologio con gli orologi pubblici. Poi a sederci mezz'ora, per bere un bicchiere di birra. II Ora che i lillà sono in fiore Lei tiene un vaso di lillà nella sua stanza E ne contorce uno fra le dita, parlando. « Ah, amico mio, tu non lo sai, tu non lo sai Cos'è la vita, tu che la tieni fra le mani »; (Lentamente torcendo gli steli dei lillà ) « La lasci scorrere da te. la lasci scorrere, La giovinezza è crudele, non ha alcun rimorso, Sorride alle situazioni che non può vedere. » Io sorrido, naturalmente, E continuo a bere il tè. « Eppure, in questi tramonti d'aprile, che in qualche modo richiamano La mia vita sepolta, e Parigi a primavera, Mi sento immensamente in pace, e dopo tutto Trovo che il mondo sia meraviglioso e giovane. » E la voce ritorna simile all'insistente stonatura Di un violino spezzato in un pomeriggio d'agosto: « lo sono sempre sicura che comprendi Ogni mio sentimento, sono sempre sicura che lo senti E che mi tendi la mano oltre l'abisso. Sei invulnerabile tu, non hai il tallone d'Achille. Andrai avanti, e quando avrai prevalso Potrai dire: qui molti hanno fallito. Ma cosa mai posseggo, amico mio, cosa posseggo Da poterti donare, e cosa puoi ricevere da me? Nient'altro che amicizia e simpatia Da chi sta per raggiungere la fine del viaggio. Resterò qui a sedere, servendo il tè agli amici... » Prendo il cappello: come potrò vigliaccamente fare ammenda Per quello che mi ha detto? Mi vedrete nel parco ogni mattina A leggere i fumetti e la pagina sportiva. Noto in particolare Una contessa inglese che si dà alle scene. Un greco assassinato Durante un ballo polacco, un reo di peculato Che ha reso confessione. Mantengo il mio contegno, E rimango padrone di me Fino al momento in cui un organetto, meccanico e stanco, Ripete un vecchio canto estenuato Con il profumo dei giacinti nel giardino, richiamando Alla memoria cose che altri hanno desiderato. Sono sbagliate o giuste queste idee? III La notte d'ottobre discende; tornando come prima se si esclude Quasi un leggero senso di malessere Salgo le scale e giro la maniglia, ed ho la sensazione D'esser salito strisciando sulle mani E sui ginocchi. « E così parti per l'estero; e quando Pensi di ritornare? Ma è una domanda inutile. Difficilmente saprai quando ritorni, Troverai molte cose da imparare. » Il mio sorriso cade pesantemente in mezzo al bric-à -brac. « Forse mi potrai scrivere. » La mia padronanza di me s'accende per un attimo-, Questo me l'aspettavo per davvero. « Ultimamente me lo chiedevo spesso (Ma i nostri inizi non sanno mai quale sarà la fine!) Perché non siamo diventati amici. » Mi sento come uno che sorrida, e volgendosi noti all'improvviso La sua espressione riflessa in uno specchio. La mia padronanza si spegne; noi siamo veramente al buio. « Perché tutti l'avevano detto, tutti i nostri amici, Erano tutti sicuri che i nostri sentimenti si accordassero Così intimamente! Anche per me è difficile capire. Ora dobbiamo lasciarle al destino queste cose. In tutti i casi, mi scriverai. Forse non è troppo tardi. Resterò qui a sedere, servendo il tè agli amici. » E devo approfittare d'ogni forma mutevole se voglio Trovare l'espressione... ballare, ballare Come un orso ballerino, Strillare come un pappagallo, schiamazzare come una scimmia. Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco - Bene! E cosa accadrebbe se un pomeriggio morisse, Un pomeriggio grigio e fumoso, una sera gialla e rosa; Se lei morisse e mi lasciasse qui seduto con la penna in mano Con il fumo che scende giù dai tetti; Pieno di dubbio, per un certo tempo Senza sapere cosa provo o se comprendo Né se sia saggio o pazzo, in ritardo o in anticipo... Non avrebbe la meglio, dopo tutto? Questa musica trova il tono giusto con un « morendo » Ora che noi parliamo di morire - E avrei il diritto di sorridere? |
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