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- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 2008-12-03 | |
Inespresso il gesto rinuncia all’azione, come spada affranta e svilita dall’inoperosità della lama rinfoderata, si rimette al clamore del non compiuto.
Eppure, quando la spinta aveva montato, attimo dopo attimo il fragore del bagliore dell’atto non chiedeva altro che lo scoppio, l’esplosione della rabbia e il rinculo dello sparo. Calpestando pozzanghere e galleggiando nel centro dell’inessere la persuasione del sono rintuzza gli slanci e pacatamente, simile a lumaca sulla foglia di lattuga, percorre il senso di ciò che sembra Pare, si dice che, venuto al mondo il senso medesimo del gesto nel momento dell’eiaculazione, congiunto lo sperma del nulla sconvolto dall’improbabilità della sopportazione, prorompesse in deliri cosmici e nel frastuono del silenzio preverbale prestabilisse le sensazioni del non-essere. Paraplegico, incapace di vedere e di sentire il figlio dell’impiccato si trafigge coglie l’occasione del passaggio della stella Sirio oltre il monte della Luna fra le colline della coltivazione della banana nana e il rivolo di vomito ancestrale. Passo per di qua. Vado oltre. Il centro dell’essere si dipana e solo mi siedo al limite del precipizio di ciò che sono e scaccio il brontolio dello stomaco, chiudo gli occhi e, quieto, blocco il respiro e conto il battito del cuore, frastuono, rimbombo, ruzzolo via col pensiero rinculcato dietro l’uscio del purché sia. Purché non sia un’illusione il vago errare delle foglie giù per il fiume secco, per la memoria dell’acqua salata e del suolo irrigato e fertile, della terra nera carica di senso. Inutilizzato il cervello borbotta fino a proiettarmi nella vacuità del cosmo, io, qui, mietendo ritmi pneumatici e aderendo al lenzuolo del tuo letto, profumato e lindo, scavalco l’illusione del tempo e impreco.
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