A.La figura di scheletro che avete visto alla vostra tela
sulle branche dell’ albero, chi le tene strettamente
avendo legato se stena una matassa e lo carezzava
è la madre dell’ Africa, la matassa è il suo bambino.
Aspetta che passi la charivdis del diluvio
aspetta ascincare il suolo, calcolare i danni
e coltivare la terra al di là lontano da capo.

B.Quel piccolo angelo che arriva correndo della scuola,
affondando fra le sue braccia, la bacia, la corezza
come velluto, e le dice “ti amo” e il fanchiullo di Lucia’
che pensò, quando era embrione, di buttarlo a Cheada,
mentre la frustavano I baleni, brutto momento della vita.
Ma e lei stessa che lacrima dalla goia qualora li baccia
e trema di perdere quello rigalo divino, anche lei stessa.


C.Li, alla Spitak, nel sotterraneo rovinato dal terremoto
lei, magra e mezzanuta,copre suo neonato con suoi capelli,
avvoltolata caccian donnole e pipistrelli. Sognia
notte e giorno macchinari de rompere il cemento.
Senti, un mezzo respiro. Taglia suoi ditta con le dente,
filtra il suo sanque per offrire vita al suo piccolo, santa
comunione, prima che lo prendano le ambulanze o gli angeli.

Quando il terremoto batte, corre artesiano e mana
ma veramente dal fondo del cuore della Madre.