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Delirio di Lule
prosa [ ]

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di [LucaCipolla ]

2012-08-20  |     | 



I fari della macchina tagliavano la notte, quella notte senza Dio al suono d'una radio lontana,
"Carried away by a moonlight shadow";
non avevo molto da dire a me stesso, nulla da aggiungere, del resto così accade tra amici;
quando l'avevi in bocca era come fingere, forse lo facevi per istinto o meglio per interesse.
Viaggiai molto con la mente e nello spazio, non era solo prendere un aereo e venire a București o
Iași, era cercare un mio ego, l'idea che al mondo esistesse un'idea, un posto ideale,
ma soprattutto il ricordo di com'era un tempo qui;
ora son giĂ  vecchio,
la mia mente bruciata come a luglio un campo di stoppie..
M'accusavi di non esser cresciuto, di non esser libero, di ascoltare troppo i miei,
ma ora ecco son di nuovo qui e i fari della macchina tagliano ancora la notte.
Cantava lo zingarello della metro e mi guardava come un cane battuto mentre sua sorella
l'accompagnava con la fisarmonica.
Così m'accoglieva la tua terra e non era la prima volta.
Cercavo di ridere con te, di non sentir la solitudine, di tenerti per mano
e sapere che per te anch'io ero romeno.
"Nemo propheta in patria".. ma forse era solo un'illusione;
tutto è spento ora, estinto dalla terra, guardo fisso nell'etere,
il ricordo di quella sera,
in lontananza una cometa e lo spazio, l'universo, l'aldilà, tutto così vicino,
e questa solitudine da puttane e sostanze psicotrope,
questo male che mi fa pagare per una semplice amicizia, un amore.
..E quando ti parlo/mi parli in quella stanza non riesco a non pensarti ai bordi del letto
mentre ti levi le calze e poi sotto le coperte in un amplesso di emozioni e odori
raccontare la tua giornata a chi ti ama; io vorrei esser quello.
L'aria tesa toglie il fiato e la notte non ha pietĂ  dei cani randagi
come una madre critica e severa, non accetta film senza trama e te li fa patire
quasi la tua vita respirasse della sua aria e ad ogni alito di vento ti chiedesse pegno.
Viaggiai molto con la mente e nello spazio,
una macchina del tempo, la baia era lì, negli occhi della luna che mi proiettava il suo mondo,
ero un alieno, non mi si poteva vedere dai gialli campi di colza,
né la veste corporea mi aveva abbandonato, un nuovo Armstrong con occhi grandi e spalancati,
spaventati, da piccolo cinese spaventato,
così levitavo, senza gravità, tutto e solo pensiero..Com'era il mondo da lassù..
strano non vedevo la terra, ma solo i secondi scorrere, i minuti passare - la massicciata -
le ore rotaie, i chilometri ore che diventano giorni ed il treno tempo che si snoda
in basso, quasi una piccola serpe, sensuale e irreale.
E' così che la terra cominciò a tremare ma dalle fenditure solo neve, neve che riempì pure gli argini dei fontanili,
debordando e raccogliendomi un pomeriggio a parlare un quasi spagnolo con una quasi amica,
amica di parole, amica di piacere,
precipitando così nel vuoto, ma sollevato dall'energia di un tunnel che mi parlò di pesca,
un altro pomeriggio e mio zio ed il bambino che sono e Lucio Dalla, tredici anni e sguardo da ragazza,
un pastrano abbandonato tra i cadaveri del fosso, alghe, acqua, un vecchio cimitero che rasenta l'Ottocento,
un duce e il re,
un grido tra le file del riso, quella corsa tra i fusti e librarsi a mezz'aria..
rividi tante pelli di tanti colori, la brezza nei loro capelli
e un bimbo m'additava, un bimbo che sporcava l'erba del suo pianto, il ginocchio sbucciato,
l'odore di terra, richiamo d'un'etĂ  ingenua e schietta..
Il libro poco distante, nella mezz'aria,
volerlo toccare e la solita paura di voltare pagina, quale inquietudine,
Dio, coprimi della sua veste bianca,
in alto stavo ad osservare ogni errore commesso,
da me e chi mi precede,
da quella finestra,
il suo sorriso, mio padre mi teneva per mano e mi portava lì,
ora solo atomi, la mia mente in delirio,
il sogno od un miraggio, la Venere nera, la borraccia tesa al mio richiamo,
rividi la finestra ed ero lì, presente al giudizio del tempo, le lancette sgretolate,
il letto sfatto, il sorriso suo, povero Mario, la candida veste, il suo pudore,
e immaginai,
i fari spenti,
solo,
il sangue mi si raggela lungo la valle di Giosafat.

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