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salendo
prosa [ ]

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di [inoltre ]

2011-10-03  |     | 



Salendo............. (Ottieni per ridistribuire)


Salendo faticosamente le scale i miei piedi si lagnavano per il peso sostenuto e la mia bocca più non parlava per la secca arsura ché la stanchezza bruciava le corde vocali e le ghiandole salivari non davano più refrigerio al caldo respiro che voleva bruciare la gola, i miei occhi quasi volevano piangere emozionati dalla sofferenza del corpo per il lungo tragitto e lo scalino sempre più alto, le orecchie, anche, attonite, sofferenti e colme di voci, non volevano più ascoltare i pensieri che si dibattevano contro la volontà e il traguardo.
Con la lucerna in mano cercavo di salire le scale dell’immensa biblioteca adocchiando i titoli dei volumi illuminati al mio passare.
Ed i piedi volevano cantare un Requiem al progetto d’arrivare, le ginocchia scricchiolanti ne davano il tempo sostenendo il passo stanco, ritmi ctoni allungavano l’attesa. Dallo stomaco borbottava un impeto di rabbia, silenziosamente furente saliva fino al volto colorandolo d’un rosso acceso.
Ma avevo chiuso gli occhi cercando di percepire l’immagine del mio interno e le orecchie ascoltavano lo sguardo collegandosi, silenziose, alla visione del bulbo oculare in un punto preciso, sopra il naso, all’interno del silenzio, circoincidendo il clamore dell’inizio, dove il flusso del respiro si congiunge alla sonorità dell’occhio chiuso ed al silenzioso bagliore del tragitto da timpano a timpano. Lì tutte le parole perdono la loro valenza e le voci si acquietano.
Ho colto al volo il frastuono dei nemici interni e li ho rinchiusi nella scatola delle scarpe bucate, quelle già usate, le porterò dal calzolaio a farle risuolare sì che mi possano servire nuovamente e non venire dimenticate, ma mi possano ripresentare.
All’inprovviso il senso d’incompiuto e d’inutile afferra il battito del cuore ed un’emozione forte s’impossessa del silenzio interno, un nuovo attacco, quasi cedo sotto le lacrime che scivolano copiose, ed i pensieri si accaniscono contro il lento passo che sale. Fra un incontro perso ed un album di fotografie sento quasi svanire la nuova scala dimensionale.
“Buongiorno, afferra la mia mano prima di precipitare; ricollegati all’Eterno, al titolo del libro appena letto, alla Sagra del ritorno del Figliol Prodigo, alla riga scritta su questa pagina dove la Verità si rattrista del Baccano dell’inutile, della menzogna della Macchina che corre e pensa che la vittoria sia tagliare il traguardo e non capire la lotta dei pistoni e del gas di scarico. Accetta il sacrificio del Fiore che nutre l’ape e il clamore del Fuco che nutre la regalità del miele.”

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