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Tre correnti s\'un solo filo...
articolo [ Arte ]

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di [SILVA ]

2004-09-14  |     | 



DADA 1916-1922





Questo movimento fu anch'esso legato all'avanguardia sia artistica che letteraria, come il Futurismo. Si diffonde nei paesi europei e negli Stati Uniti durante la prima guerra mondiale. Il movimento inizia infatti a prendere vita nel 1916 a Zurigo dentro il Cabaret Voltaire, un centro che riuniva artisti e scrittori che nel corso della guerra si erano rifugiati in Svizzera.

Intellettualmente erano tutti uniti dallo sdegno verso quella classe che aveva innescato il conflitto e che aveva rinnegato il suo umanesimo. Quindi disprezzo verso tutta quella cultura ottocentesca idilliaca e melanconica, falsa e commediante, creata e messa insieme da politici e servili intellettuali.
Come del resto avevano fatto i futuristi ci fu una vera e propria dissacrazione.

Ma a differenza dei futuristi, pur estremizzando la volontà dissacratoria, pur accentuando l'esaltazione quasi anarchica del singolo individuo contro i valori morali e sociali codificati, i Dadaisti sono rigorosamente pacifisti. Dei singoli pacifisti.

Il movimento divenne internazionale quando si unirono al gruppo i romeni (con Tzara) i tedeschi ( con Huelsenbeck e Ball), gli alsaziani ( con Arp ), gli spagnoli (con Picabia), e il gruppo americano (con Duchamp).
Il significato del termine Dada non è stato mai chiarito, anche se alcuni dadaisti dissero di averlo preso a caso dopo aver sfogliato un dizionario francese; è un temine che significa "giocattolo", "gingillo".
Il primo Manifesto del Dadaismo apparso nel 1918 fu firmato da TRISTAN TZARA. Obiettivo: distruggere il linguaggio cristallizzato e la parola mercificata usata dagli uomini di potere e dai loro intellettuali lacchè. Nel farlo ("giocando") svillaneggiarono il lessico convenzionale, deformarono ("giocando") la sintattica, crearono ("giocando") nella poesia vocaboli senza senso (nonsense) e come nella musica misero ("giocando") suoni e parole in libertà. Obiettivo principale era innanzitutto la libertà individuale.

Quando il gruppo nel dopoguerra si trasferì a Parigi nel 1919, fu fondata anche una rivista, Litteratura; vi aderirono i più seri Breton, Aragon, Soupault, ecc.
Furono organizzati anche spettacoli, ma per il caos che queste feste creavano spesso degenerando in risse, alcuni del gruppo avversando questa linea, entrarono in contrasto con gli stessi creatori del movimento, fino al punto che Tzara sciogliendo il gruppo, lo "seppellì", pronunciando la sua orazione funebre nel 1922.
Una vita dunque breve, ma destinato questo movimento a fecondare tutte le avanguardie successive del secolo, partendo subito dal movimento Surrealista, che era già nato all'interno dello stesso Dada.

Quando finì il Dada, tutto ciò che rimase dell'800 fu solo il Simbolismo di Mallarmè, che confluito prima nel DADA poi nel Surrealismo, con quest'ultimo farà moltissima strada e allargherà il suo grande regno nell'arte, nel teatro, nella letteratura, nella fotografia e nel cinema (su quest'ultima nuova espressione culturale, basterebbe ricordare il regista Luis Bunüel che per quarant'anni rimase sempre fedele al Surrealismo; ricorrendo nelle sue sceneggiature a Salvator Dalì, Max Ernst, Fernand Leger, Marcel Duchamp, Man Ray, Alexander Calder, ecc., i grandi esponenti dell'arte surrealista)
(Rimase come vedremo più avanti qualcosa anche del Verismo; ma quasi accantonato per l'intero mezzo secolo, riapparirà molto fertile in Italia (e dopo la grande "tragedia" non era difficile trovare l'ispirazione) con il Neorealismo, soprattutto nel cinema, esprimendosi però in un modo tormentoso: ne sono prova le aspre polemiche sulle reazioni fra politica e cultura. Durò poco. Dieci anni. Poi molti si stancarono di mettere il dito nella piaga. Erano più che sufficienti le cronache. Anche perchè molti calcarono la mano sui drammi degli italiani e sul degrado morale della nazione).

All'apparire del Futurismo, del Dada, del surrealismo, per il filosofo Croce (proprio l'uomo che dominava il panorama italiano e che pure sembrava dettare con la sua Estetica pubblicata nel 1902, i nuovi criteri di giudizio) tutta la letteratura finiva con Carducci, dopo di lui la "crisi" il nulla. I nuovi esponenti? "...sono dei malati di nervi". Croce li liquidò così. Escludeva ogni causalità materiale o irrazionale dell'agire umano.

Cioè all'inizio del '900 Croce cade nel grossolano errore prendendo la fine del (suo?) ottimismo ottocentesco con la fine della letteratura. Non afferra il carattere della letteratura moderna, rifiuta il ruolo dell'inconscio che sta irrompendo nella piccola e grande letteratura. Croce rifiuterà o ignorerà del tutto Pirandello, Svevo, Saba e Montale; non si accorge che sta sorgendo a inizio secolo proprio dal simbolismo ("dell'io diviso") pur con tutti i caratteri della negatività, del pessimismo, della nevrosi, del "nero", una nuova splendida epoca della letteratura, anticipata da Mallarmè, da Apollinaire (1880-1918), proseguita da Rilke (1875-1926), Mann (1871-1950), Joyce (1882-1941), Proust (1871-1922), Musil (1880-1942), Kafka (1883-1934), per ricordarne solo alcuni.

SURREALISMO 1918-1945




Anche nel movimento Surrealista (che come abbiamo visto sopra è una costola del Dada) il Simbolismo è fortemente presente ; c'è però una realtà più intensa, ma è sempre il frutto dell'integrazione tra la dimensione del sogno e quello della realtà.
Nel Surrealismo c'è la stessa voglia di dissacrare, di rinnovare, di disprezzare la cultura melanconica ottocentesca, le arlecchinate politiche, la cultura burocratizzata. Ma a differenza dei dadaisti, che "giocavano" nel voler conquistare la libertà individuale in un modo anarchico, dopo la drammatica esperienza del grande conflitto che ha sconvolto l'intera Europa, i surrealisti (e non solo loro!) si pongono il problema di dare delle risposte costruttive non solo al singolo individuo ma a gruppi sociali finora sempre stati emarginati, o tenuti a bada con i cannoni, ma che nel dopoguerra iniziarono ad emergere prepotentemente, ad inquietare, a sconvolgere e a travolgere.

Qualcuno (seguendo contemporaneamente Marx e Freud) si chiese che inconscio e realtà non liberano solo energie nel singolo, ma sono presenti in grandi masse sociali, pronte a mutare radicalmente una intera società, se abilmente sollecitate ad agire con messaggi demagogici, inebrianti, istiganti.
Le vicende della Russia erano ormai sotto gli occhi di tutti. E la Russia non era un semplice piccolo stato, ma era una potenza europea con oltre cento milioni di abitanti. Non trasformata da forze esterne (com'era finita la Germania e l'Impero austriaco dopo la guerra) ma da forze interne e prima ancora che finisse la guerra, con una rivoluzione proprio delle masse sociali astutamente guidate, strumentalizzate, messe in condizioni di agire con tutta la loro irrazionalità.
Nella letteratura se prima l'obiettivo era quello di esprimere le pulsioni profonde dell'individuo, ora il campo si allargava. Non era mai stato a memoria d'uomo così "largo", così sconvolgente ma anche con tanti dubbi che molti intellettuali trascurarono di porsi perchè disattenti.

JOSEPH ROTH (1894-1939) pieno di entusiasmo, fino al punto che al Frankfurter Zeitung si firmava "Roth il Rosso" nel 1926 iniziò un lungo viaggio nella grande immensa Russia. E mentre altri gareggiavano in cecità e servilismo, Roth rimase sconvolto nel vedere lo squallore di quell'"uomo nuovo" che era diventato il russo. Disse che era partito bolscevico ma ritornava monarchico (J. Roth, "Viaggio in Russia", Corrispondenza al giornale, Adelphi). E aggiunse "E' una gran fortuna che io abbia fatto questo viaggio in Russia: altrimenti non avrei mai riconosciuto me stesso". Ma il malessere non è solo in Russia: in Fuga senza fine, Franz Tunda, il protagonista (che è poi lui!) "si aggira in un'Europa decaduta, che non appartiene più a nulla, ha reciso ogni legame di affinità con tutti i mondi che lo circondano". (ed era purtroppo una realtà).

ANDRE' BRETON (1896-1966) che aveva fondato già nel 1919 dentro il gruppo Dada la rivista Litteratura, con Max Ernst dà vita nel 1924 prima alla "Centrale di ricerche surrealiste" e subito dopo firma il Manifesto del surrealismo.
(non dimentichiamo che anche Breton nel '23 era di sinistra, poi polemizzò e ne uscì nel 1933, deluso come Roth)

Breton oltre che rivelarsi grande scrittore, oltre essere il fondatore e il maggior teorico del surrealismo, era innanzitutto un neuropsichiatra; durante la guerra fu chiamato a prestar servizio proprio negli ospedali psichiatrici, dove il paziente nelle corsie non era occasionale, ma c'era una folla di tanti "Franz Tunda" che all'improvviso con un solo balzo erano usciti dal mondo dell'800 ed entrati drammaticamente in quello del '900.

Finita la guerra dopo aver letto le opere di Freud, Breton ebbe con lui diversi incontri; ma altrettanti ne aveva avuti con Apollinaire. Alcuni suoi importanti saggi li pubblica nel 1924 Passi perduti, nel 1926 Legittima difesa e dopo la seconda guerra mondiale, nel 1953, Sentieri della libertà.
Surrealista fino all'ultimo giorno. Anche se aveva tutte le esperienze per diventare un Neorealista.
Ma surrealismo significa scrivere seguendo il primo immediato impulso, ricevendo le impressioni dell'inconscio in totale passività: ogni tentativo di chiarezza è negativo perché introduce esigenze letterarie, cioè false. Alcuni film neorealisti pur avendo un reale scenario (le macerie, il degrado, la miseria) nacquero per esigenza di copione falsi. Capolavori di cineasti, ma storicamente falsi.

CREPUSCOLARISMO



Più che un movimento, fu solo una tendenza di poeti italiani isolati, che rifiutano la retorica a favore di una poesia intimista, delle piccole cose incapace di grandi sentimenti. Estremizzano i motivi espressi nel decadentismo pascoliano e dannunziano.
Crepuscolari fu l'appellativo dato dal critico G.A. Borgese nel 1911 a un gruppo di poeti del primo novecento per indicare il declino della poesia italiana. Caratterizzata da atteggiamenti malinconici e al tempo stesso ironici (si piangevano addosso ridendo, il che era ancora più tragico). Non crearono di certo una scuola e nè potevano, così incapaci di creare e imprimere un "movimento". La rassegnazione non si muove mai, sta ferma, e a stento fa sopravvivere l'uomo. C'è solo fra questi poeti una comune collocazione: storicamente e stilisticamente nel postdannunziano e nel postpascoliano.
Ma dal pescarese non prendono nulla della sua ostentata ricchezza e preziosità anche nei piccoli oggetti, e dal secondo nulla di quel mondo rustico caro al poeta romagnolo.
Il loro armamentario sono le "piccole cose" spesso di pessimo gusto. Come tutti i provinciali odiano le retoriche imperanti; hanno sfiducia quasi istintiva per tutti gli ideali filosofici o religiosi e altrettanto per quelli politici e scientifici. Invece che mirare (o almeno tentare) a costruire nuovi valori, essi guardano con una nostalgica inquietudine al passato. Con veli di malinconia -anche se sincera- ironizzano il reale e la storia, si vantano di una propria antica pulizia morale e si gloriano di una tradizionale dignità. Questa categoria di poeti rappresentano il ceto piccolo borghese di una Italia umbertina che è sì entrata nel nuovo secolo, ma è rimasta schiava del precedente. Questo lamento sopravvive solo nei primissimi anni del secolo poi, prima il ciclone marinettista, poi la bufera della guerra spazzerà via ogni cosa.
Resterà qualcosa sullo stile e la struttura della poesia crepuscolare, che Ungaretti, Montale, Saba e altri sapranno rigenerare, adeguando il linguaggio alla quotidianità, seppellendo così del tutto i logori canoni di una tradizione poetica che più che essere al crepuscolo era già da tempo tramontata.

GUIDO GOZZANO (1883-1916) fu l'iniziatore e il più alto esponente del Crepuscolarismo, ma il motivo principale era legato alla sua salute. Nell'aridità di un esilio fra una casa di cura e l'altra (quindi negazione dei rapporti con il mondo, compresa una impossibile e inquieta storia d'amore) la poesia crepuscolare di Gozzano più che un'ispirazione poetica è la cronaca di un dramma in forma elegiaca; con un linguaggio criticamente realistico ma anche patetico, ingenuo e provinciale.
Il poeta piemontese, impedito fisicamente di partecipare alla vita degli altri uomini, incapace di adeguarsi veramente al ritmo dell'esistenza, privo di un fondamento di fede e di speranza, si rappresenta tristemente come un povero «coso strano» con due gambe, ombra passeggera nella vita. Trova unico rifugio al suo male di vivere, al suo discendere al niente nella poesia. Sentiva di non vivere, così distaccato dalla vita e solo spettatore di essa, ed ecco il tanto rammarico di non viverla.
Tubercolotico già a venti anni, nell'imminenza della morte, avverte (sembra un alibi) che la poesia (ottocentesca) è impossibile crearla nel nuovo contesto borghese, dal momento che vi dominano l'economicità e il denaro. Questa immagine negativa della vita borghese, dominata dall'utilità e dal guadagno, è una continua autonegazione e autodistruzione di Gozzano, e che vorrebbe -usando spesso ironia e cinismo- trascinarsi dietro tutta la poesia del secolo andato coi suoi valori ideali e sentimentali, colle sue immagini ormai lontane nel tempo.

Che differenza con i futuristi! Che al contrario, accogliendo le norme della produzione capitalista e della tecnologia industriale, cioè ricucendo un accordo con l'ideologia borghese, cercano di costruire una poesia non tanto accettabile dal mondo borghese, quanto omologa rispetto a esso, rispetto ai prodotti industriali che ne emanano, e, a tempi lunghi, pertanto, credono che tale poesia potrà diventare la voce ufficiale del sistema di produzione, chiudendo così quel vuoto che si era aperto fra produzione industriale e produzione intellettuale.

Altri autori del Crepuscolarismo:
SERGIO CORAZZINI (1886-1907); Poesia dai toni languidi e sommessi, vi domina la malinconia, lo svanire delle cose, il pensiero e il desiderio della morte. Di lui ricordiamo L'amaro calice 1905, Piccolo libro inutile, 1906, Libro per la sera di domenica 1906.
MARINO MORETTI (1885-1979). Domina uno stile dimesso, anche se con lampi di umorismo; si muove dentro un mondo angusto e provinciale con personaggi spenti e rinunciatari (La voce di Dio 1920, Puri di cuore 1923).
FAUSTO MARIA MARTINI (1866-1931) Poesia e narrativa dai toni intimistici; ricordiamo Le piccole morte 1906, Poesie provinciali 1910.
CORRADO GOVONI (1884-1965) Passò già nel 1905 al neo-Futurismo (scrivendo in quell'anno Poesie elettriche) e subito dopo alle suggestioni del surrealismo.

Poi uno strano "crepuscolare", che però non riuscì ad entrare dentro il nuovo secolo per la sua prematura morte (a 33 anni)
BETTINI POMPEO –nato a Verona nel 1862 e morto a Milano nel 1896. Un singolare poeta con forti idee socialiste. Fu lui a tradurre il "Manifesto del partito socialista" di Marx e collaborò a "Critica Sociale" fondata da Turati nel 1891. Un rivoluzionario insomma!
La sua poesia fu riscoperta solo dopo la sua morte, da Benedetto Croce. E fu una sorpresa, perché era molto lontana dai suoi ardenti impegni politici rivoluzionari. Era così dimessa e malinconica, così distaccata dalla vita, con tanta stanchezza dell'anima, che viene considerato un anticipatore del Crepuscolarismo.

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