Ferite son le albe, dalla brina e
nell'alma il sentiero caldo,
è fuso al ginocchio di terra,
dove t'aspetto fumando,
col cuore staccato dalla spina solare,
per mettere a prova la batteria
carica del tuo ricordo.
Ho le mani di un abile meccanico,
costruisco fiocchi di neve azzurri che
ti saranno gioielli,
nelle lunghe notti invernali.
Sono un astrologo limitato alla sfera blu del cosmo,
raccolgo dalle corde vocali planetarie,
gli stormi di stelle in peregrinazione,
sui tuoi occhi incollati ad un vetro,
in una casa che riconoscerei tra mille.
Temo la magia del bianco,
perché potrebbe catturarmi il pensiero,
più della tua memoria
ferita dalla pausa stagionale,
su cui soffia la gelida Bora,
insensibile al battito della passione.
Ora costruisco giocattoli dalle nubi,
soffici cuscini di piacere
per la morbida guancia del tuo sogno
in cui vivo risparmiato di pene.
Cavalcherò da solo i venti
per non morire mai sul fango freddo,
cavalcheremmo insieme i quatri elementi
per dare a sta vita un vero senso.
M'inganna la dolcezza di un viso che
compiace il cuore in silenzio, ma
non m'arrendo al finto Paradiso
versato da una coppa avvelenata di assenzio.
Ciò che resterà di me non sarà molto,
una pietra grigia col mio nome lungo ed
una Sfinge alata per raccontare al mondo
dell'anima in tormento di un mago.